Il calcio italiano dovrebbe sperare in una vittoria del Napoli a Bergamo e non solo

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In una nazione normale per il bene della parte pallonara del Paese e di conseguenza anche della sua economia, si farebbe il tifo per il Davide di turno e non per Golia. 

Chi davvero tiene a cuore le sorti e il futuro del calcio italiano ieri ha sperato che l’Inter vincesse a Roma. Ovviamente nulla contro la Roma e nulla pro-Inter ma solo il desiderio di vedere una squadra almeno a nove punti dalla capolista e, magari, con una vittoria nello scontro diretto del prossimo weekend vederla a sei punti dalla vetta monopolizzata da troppo tempo.

Questa sera quella stessa parte patriottica ieri colorata di nerazzurro, teoricamente dovrebbe fare il tifo per il Napoli di Ancelotti con la speranza che il distacco tra la prima e la seconda in classifica rimanga otto punti e non resti con gli attuali undici punti.

Non si tratta di tifare per l’Inter o il Napoli o, viceversa, contro Golia. Significa tifare per il calcio italiano sperando che non faccia la fine del calcio francese dove il campionato ogni anno è sempre meno interessante e sempre meno prestigioso. Soprattutto sempre meno seguito in Patria e all’estero.

Non a caso gli anni d’oro della Serie A sono stati quelli post mondiale ’82 e fino ai primi anni 90 che hanno visto trionfare Verona, Sampdoria, Inter, Milan, Roma, Lazio e Napoli.

Un campionato finito già a dicembre, come auspicato dai sottomessi a Golia, tutto sommato a chi gioverebbe?

Di certo sarebbe una mazzata tremenda per un movimento calcistico già in difficoltà economiche e organizzative.

Già è difficile convivere con la percezione della necessità (di Golia?) di trasformare il VAR da soluzione a problema. Non bastano le scritte vergognose che hanno preceduto la gara di Firenze, sicuramente non più gravi dei cori a sfondo razziale contro i napoletani, che hanno mostrato al mondo la faccia triste e incivile di quello che una volta era il Belpaese.

Eppure l’Italia pallonara invece di fare fronte comune nell’affrontare questi due problemi e davanti al possibile crollo d’interesse del campionato, è stata capace di mostrare la parte peggiore della sottomissione a Golia.

Il calcio italiano, la sua credibilità e il suo aspetto economico sono in grave pericolo. Per salvarlo serve una rivoluzione culturale e di onestà intellettuale. Non solo negli stadi ma anche nelle istituzioni e, soprattutto, nei media nazionali.

Ma Golia la permetterà mai una simile rivoluzione? Forse forse converrebbe anche a lui per essere più forte lontano dalla sua Patria…