Juventus-Napoli e Liverpool-Roma: due brutte pagine del tifo italiano. Due pagine di violenza che con il tifo non dovrebbero avere nulla a che a fare. Invece ne sono parte integrante grazie a una società accecata dall’odio, figlia del declino civico e culturale che ha trovato nel calcio la ‘più indolore’ valvola di sfogo.
Allo Stadium tifosi del Napoli sono stati aggrediti in tribuna da quelli juventini, in quanto ‘colpevoli’ di aver esultato al gol-vittoria della loro squadra. Già, perché in Italia esultare al gol della propria squadra è considerata una colpa.
A Liverpool alcuni ‘eroici’ tifosi della Roma hanno pensato bene di fare tanti chilometri e spendere un bel pò di euro per infangare la gloria sportiva della propria squadra, mandando in coma un tifoso avversario dopo averlo aggredito a cinghiate.
Eppure quella della Juventus passa per una tifoseria serena, civile, da prendere ad esempio solo perché ha applaudito la prodezza di Ronaldo. Sono ‘pinzillachere’ poi la bomba carta lanciata contro i tifosi del Torino. I cori di discriminazione territoriale e razziale. Le offese ai morti di Superga e i fischi a Mondonico durante il minuto di raccoglimento a lui dedicato. I ‘merda’ urlati al portiere avversario dai suoi tifosi-bambini, promettenti ‘prodigi del tifo sportivo’, che hanno occupato un settore dello Stadium squalificato.
Lo stesso discorso vale per la tifoseria romanista. Del resto sono considerate ‘quisquilie’ la morte del tifoso laziale Paparelli e quella del tifoso del Napoli Ciro Esposito. Bisogna anche capire questi leoni ‘coraggiosi’ come amano definirsi sui social. Loro sono bravi a scagliarsi anche armati di pistola in tanti contro uno. Poi magari non riescono a proteggere la propria città dalla furia devastante dei tifosi del Feyenoord.
L’importante è dimostrare di essere ‘cazzuti’ come quei tifosi interisti, milanisti, fiorentini e altri ancora che hanno lasciato le impronte della ‘signora con la falce’ dopo qualche loro ‘manifestazione di civile sportività’.
Ma la colpa non è loro, ma dell’esempio che arriva dalle istituzioni e dalla comunità che li circonda. Dell’input dato da chi appena eletto Presidente della FIGC la prima decisione presa, invece di inasprire le pene, è stata quella di depenalizzare il reato sportivo di discriminazione territoriale. Della benedizione mediatica che arriva da chi si impegna a minimizzare certe violenze, magari sorridendoci anche su, solo per il colore delle maglie per poi fare drammi e processi a chi ‘armato’ di un dito medio prova a difendersi da tanta inciviltà.
In Italia chiunque si sentirà sempre autorizzato a delinquere, finché non c’è nessuna condanna istituzionale e mediatica neanche per i cori e gli striscioni in favore di Daniele De Santis, riconosciuto colpevole della morte di Ciro Esposito.
Che esempio può arrivare da una Nazione che considera una bravata riuscita male la morte di un ragazzo? Ricordiamo che è il colpevole della ‘bravata’, che ha anche passati politici nella Capitale, ha visto ridursi la pena da 26 a 16 anni.
Eppure in Italia tutte queste tifoserie vengono puntualmente ‘premiate’, concedendo loro di partecipare alle trasferte della loro squadra tranne quella di Napoli.
L’allarme nelle stanze delle istituzioni infatti, scatta solo quando di mezzo ci sono i napoletani. Non importa se la tifoseria napoletana malgrado le provocazioni e l’ingiusta condanna per un treno distrutto ma mai esistito, è una delle pochissime a non avere morti sulla coscienza e che il suo comportamento civile e passionale è la normalità e non l’eccezione.
Ma difficilmente le cose in Italia cambieranno, finchè si ragiona per slogan e luoghi comuni.
Non è più il momento degli inutili “La mamma degli imbecilli è sempre incinta”, “Una tifoseria non va condannata per colpa di pochi violenti”, “Sono quattro imbecilli che nulla hanno a che fare con lo sport”.
Servono drastici provvedimenti. Soprattutto servono condanne e provvedimenti imparziali e senza maglie di calcio addosso.