Un club che vende dopo aver investito dei soldi. Un altro club che investe dei soldi per acquistare. Un calciatore che ci mette in campo la faccia. L’agente o procuratore che non rischia capitali, non rischia brutte figure in campo ma alla fine è quello che comanda il calciomercato spesso più in base alle esigenze economiche personali che a quelle di carriera del suo assistito.
La vicenda Pepè è l’emblema di questa anomalia calcistica. I due club d’accordo sul costo del cartellino e il calciatore felice e desideroso di giocare la Champions League e che avrebbe dato la sua disponibilità ad Ancelotti: tre parti in causa su quattro avrebbero chiuso la trattativa. Invece la quarta parte, gli agenti del calciatore che si sono presi addirittura la briga di raggiungere De Laurentiis a Dimaro-Folgarida scomodando anche un elicottero, hanno fatto saltare tutto. Il motivo? Un altro club (l’Arsenal) avrebbe offerto loro delle commissioni più alte rispetto a quelle che avrebbe invece versato De Laurentiis. Poco importa se il calciatore deve rinunciare alla Champions League che avrebbe rappresentato uno step di crescita professionale non indifferente.
Ovviamente chi è finito sul banco degli imputati è De Laurentiis, accusato di non voler bruciare i soldi per delle ingiustificate ed elevate commissioni. Invece in questa vicenda lui rappresenterebbe l’esempio da seguire. Se anche gli altri presidenti iniziassero a ridimensionare il potere decisionale degli agenti dei calciatori allineandosi alla gestione del patron del Napoli, forse il mercato sarebbe più lineare e probabilmente anche con cifre meno gonfiate per calciatori che valgono la metà di quanto pagati (Pepè compreso).
Ma il vero problema, anzi i veri problemi, del calcio mondiale sono a monte e tocca alla FIFA intervenire in maniera drastica per risolverli e rilanciare la credibilità del movimento che rischia di implodere se si pensa solo all’aspetto economico.
Tifosi e club che, alla fine sono le fonti monetarie del calcio, dovrebbero poter contare su:
- calciomercato con date uguali per tutti i campionati della durata massima di un mese dal 1 giugno al 30 giugno;
- tutte le competizioni continentali (per intenderci Europei, Coppa d’Africa, Copa America anche per gli Under21) da giocare tutte negli anni pari quando non ci sono i mondiali, in modo da poter spostare l’inizio dei campionati nazionali seguenti e permettere alle squadre di avere tutti i calciatori a disposizione magari anche in ritiro;
- trovare un modo di limitare le plusvalenze ormai sempre più gonfiate che permettono di sistemare con una magìa dei bilanci praticamente fallimentari;
- imporre un tetto massimo alle commissioni spettanti agli agenti dei calciatori e che dovrebbero alla fine essere a carico del calciatore, visto che curano i suoi interessi.
Il calcio una volta era lo sport più bello del mondo ma sta perdendo la sua spettacolarità e il suo senso di sport perché sempre più schiavo dell’aspetto economico legato agli sponsor e ai diritti TV.
Ma se non si restituisce la priorità all’aspetto sportivo quanto può durare la pazienza e la passione dei tifosi?
Senza di loro, sia ben chiaro, non esisterebbe il calcio.