“Questo non è calcio”. Così ha sintetizzato Gattuso questa parodia di sport nell’era post covid.
Come dargli torto.
- Un protocollo ridicolo che impedisce ai calciatori delle due squadre di scendere in campo insieme, per poi entrare in stretto contatto durante la partita con le maglie grondanti sudore.
- Partite ogni tre giorni che impediscono ai calciatori di allenarsi e di recuperare energie psico-fisiche e agli allenatori di preparare le partite dal punto di vista tattico. Risultato: partite poco emozionanti dai ritmi non elevati e prive di interessanti spunti tecnico-tattici.
- La già complicata questione arbitrale pre-covid, diventata drammatica in queste settimane magari anche per la possibile stanchezza degli arbitri (almeno si spera insistendo a non voler credere ad altro) anche loro costretti a non staccare mai la spina.
Soprattutto “Questo non è calcio” perché non può esistere il gioco del calcio senza tifosi.
Un po’ come un’automobile (il calcio) senza benzina (i tifosi) che può camminare solo a spinta o se si è fortunati in discesa. Ma un’automobile senza benzina in quanti la vorrebbero?
Non a caso al 95′ di Napoli-Udinese si è forse vissuto uno dei momenti più tristi del gioco del calcio. Eppure avrebbe dovuto essere uno di quei momenti che giustifica l’amore e la passione per questo sport: lo splendido gol di Politano.
Un gol così bello che ha regalato la vittoria al Napoli a pochi secondi dalla fine avrebbe fatto ‘venire giù’ il San Paolo per l’urlo di gioia dei tifosi.
Ma i tifosi non c’erano e quella preziosa gemma calcistica si è persa tra i sediolini vuoti e silenziosi del San Paolo. Una tristezza unica per chi era presente, soprattutto inaccettabile per chi ama il calcio.
Ma Gattuso ha ragione: “Questo non è calcio”.