Italia fuori dal mondiale. I tanti perché non è colpa del rigore di Jorginho

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L’Italia perde lo spareggio in casa con la modesta Macedonia del Nord e per la seconda edizione consecutiva non partecipa a un mondiale.

Spareggio necessario dopo che l’Italia è arrivata seconda nel Gruppo C di qualificazione vinto dalla Svizzera. Girone che comprendeva anche le modeste Irlanda del Nord, Bulgaria e Lituania.

A chi piace nascondere la polvere sotto il tappeto, preferisce recriminare sul rigore sbagliato da Jorginho al 90′ di Italia-Svizzera terminata 1-1.

Troppo facile giustificare con così poco, SOLO con un episodio seppur decisivo, il fallimento riconducibile all’intero sistema-calcio italiano.

Se tutti dovessero pensarla così allora andrebbe sminuita anche la vittoria dell’Italia gli Europei. Una vittoria arrivata grazie ai calci di rigore dopo la lezione di calcio avuta dalla Spagna in semifinale e che hanno permesso di superare in finale la non irresistibile Inghilterra.

Non può essere colpa del rigore di Jorginho se:

  • in 90 minuti più recupero l’Italia non è riuscita a segnare neanche un gol alla catenacciara e modesta Macedonia;
  • non nascono più i fantasisti di classe come Causio, Bruno Conti, Claudio Sala, Baggio, Zola, Totti o Del Piero giusto per citare qualche nome;
  • tra le prime otto squadre della classifica di Serie A la sola Lazio ha un centravanti italiano. Per giunta Immobile, scarpa d’oro in Serie A, non ha lasciato il segno nelle sue esperienze con Siviglia e Borussia Dortmund;
  • su 80 slot nelle liste delle squadre di Serie A destinati ai calciatori cresciuti nei vivai ne sono occupati solo 26. Di questi 26 ben 10 sono occupati da secondi e terzi portieri;
  • il centravanti più promettente italiano, Scamacca, non è titolare inamovibile neanche nel Sassuolo per lasciare spazio a un Defrel qualunque, perché in Italia c’è la cultura del “giovane che deve crescere senza dargli troppe pressioni”;
  • alcuni promettenti giovani italiani vengono scavalcati nelle gerarchie dei vari allenatori da calciatori stranieri spesso mediocri solo perché costano meno. Ad esempio in Spagna, giocatori di 17-19-21 anni giocano titolari in nazionale e nelle coppe europee;
  • nel campionato di Serie A giocatori di 36, 38 e 40 anni fanno ancora la differenza perché rispetto ai principali campionati europei si gioca a velocità e intensità ridotte;
  • i calciatori di Juventus, Inter e Milan all’estero trovano difficoltà con arbitraggi meno disposti…(diciamo così) ad accettare isteriche e ingiustificate proteste, simulazioni e falli che gli arbitri italiani spesso perdonano;
  • la mentalità italiana è tale da non scandalizzarsi se l’allenatore dell’Inter Simone Inzaghi a Liverpool non manda in campo Dzeko per preservarlo per la successiva sfida contro il Torino di metà classifica;
  • la mentalità italiana è tale da considerare le coppe europee non un motivo di prestigio e di crescita, ma un fastidio del quale se ne farebbe volentieri a meno;
  • si esaltano le vittorie ottenute “a muso corto” (ma che significa?) dopo prestazioni che nulla hanno a che fare con il calcio;
  • si fa di tutto per sottovalutare che la squadra più importante del campionato italiano (ma non l’italiana più rappresentativa all’estero) gioca un campionato parallelo in Procure e Tribunali.

Il tutto senza entrare nel merito del lunghissimo e sicuramente più importante discorso sugli investimenti in strutture e settore giovanile.

Ma per il presidente della FIGC Gravina la soluzione è cambiare il format del calcio italiano, non una svolta epocale dell’intero sistema.

Intanto gli italiani si guardano un altro mondiale degli altri…